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SALVIAMO 'IL MANIFESTO': UNA VOCE LIBERA DALLA PARTE DI CHI LAVORA. APPELLO ALL'ACQUISTO E LA LETTURA QUOTIDIANA

LA POSSIBILE CHIUSURA DEL QUOTIDIANO 'IL MANIFESTO' E' UNA PESSIMA NOTIZIA PER IL MONDO DEL LAVORO

Prima pagina il Manifesto del 9-02-2012 Un'ipotesi inquetante: "Il manifesto andrà in liquidazione coatta amministrativa. Verranno funzionari di governo, che ci sostituiranno..."

I tagli governativi alla stampa 'no profit' stanno determinando il rischio della scomparsa di centinaia di piccole testate, pubblicate da cooperative, associazioni, parrocchie, ecc. Anche 'ancora In Marcia' sta soffrendo della soppressione di alcune di queste agevolazioni, che per noi erano le tariffe postali per la spedizione in abbonamento. Ma la ventilata e malaugurata chiusura del 'manifesto' rappresenterebbe una perdita molto piu' grave per la democrazia, per il giornalismo libero, per la sinistra, per i lavoratori, per l'ambientalismo ed i diritti civili. Per questo siamo vicini al collettivo del manifesto che a costo di grandi sacrifici, anche personali, ha finora resistito alla onda reazionaria che sta investendo il nostro paese. Pur consapevoli del momento di crisi economica per tutti, e continuando la battaglia per la revisione della legge sull'editoria, facciamo appello alla sensibilità di tutti per contribuire al sostegno del quotidiano 'dalla parte del torto' acquistandolo regolarmente in edicola.

Senza fine
di Norma Rangeri

Siamo alla prova cruciale, al corpo a corpo con la nostra stessa vita materiale e politica.
  Il manifesto andrà in liquidazione coatta amministrativa. Verranno funzionari di governo, che si sostituiranno al nostro consiglio di amministrazione.


 È una procedura cui siamo stati costretti dai tagli alla legge dell'editoria.

Noi, come altre cento testate, nazionali e locali, non potremo chiudere il bilancio del 2011.

 Mario Monti e il ministro Passera potrebbero riuscire dove Berlusconi e Tremonti hanno fallito.
Usiamo il condizionale perché non abbandoniamo il campo di battaglia e siamo ancora più
 determinati a combattere contro le leggi di un mercato che della libertà d'informazione farebbe volentieri un grande falò.

La fine del manifesto sarebbe la vittoria senza prigionieri di un sistema che considera
la libertà di stampa non un diritto costituzionale ma una concessione per un popolo di sudditi.

La fisionomia della nostra testata, il suo carattere di editore puro, il nostro essere una cooperativa di giornalisti, hanno
sempre costituito una felice anomalia, un'eresia, la testimonianza in carne e ossa che il mercato non è il monarca
 assoluto e le sue leggi non sono le nostre. Il compito che ci assumiamo e a cui vi chiediamo di partecipare è tutto politico.

 I tagli ai finanziamenti per l'editoria cooperativa e politica non sono misurabili «solo» in euro, in bilanci in rosso, in disoccupazione.

 Naturalmente, se avessimo la testa di un Marchionne sapremmo cosa fare per far quadrare i bilanci.

Così come un vero mercato della pubblicità ci aiuterebbe a far quadrare i conti, e un aumento dei lettori nel nostro paese ci farebbe vivere in una buona democrazia.

 Ma è altrettanto evidente che le nostre difficoltà sono lo specchio della profonda crisi della politica, l'effetto di quella controrivoluzione
che ha coltivato i semi dell'antipolitica, del «sono tutti uguali» fino a una sorta di pulizia etnica delle idee e dell'informazione.

Care lettrici e cari lettori, siamo chiamati, noi e voi, a una sfida difficile e avvincente.

Dovremo superare nemici visibili e trappole insidiose. Sappiamo come replicare alle politiche di questo governo, ma siamo profeti disarmati contro il successo del populismo, che urla contro il potere assumendone modi e fattezze.

State con noi, comprateci tutti i giorni, abbiamo bisogno di ognuno di voi.

Adesso che tutti hanno imparato lo slogan dei beni comuni, lasciateci la presunzione di avere rappresentato una delle sue radici, antica e disinteressata.

 Ed è per questo che nell'origine della nostra storia crediamo di vedere ancora una vita futura.

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