VITTIMA DI GIUSTIZIA: L'INCREDIBILE STORIA DEL FERROVIERE BRUNO BELLOMONTE
IN GALERA, INNOCENTE, PER 29 MESI, DUE PROCEDIMENTI PENALI, UN LICENZIAMENTO E DUE SOSPENSIONI. Leggi i dettagli
BRUNO BELLOMONTE sarà a Firenze per due incontri pubblici: venerdì 20 marzo 2015, dalle ore 19 presso il Centro Popolare Autogestito, in Via Villamagna 27/a e sabato 21 marzo 2015, dalle ore 9,30 presso il saloncino del DLF, in Via Alamanni, 6 presso la stazione di S. Maria Novella.
Articolo aggiornato al 6 ottobre 2016
Il garantismo a senso unico che calpesta il principio dell'innocenza ma solo per i più deboli. Un'ingiustizia tuttora in corso che deve essere fermata. Incontro con Bruno Bellomonte, a Roma il 4 febbraio 2015.
Bruno Bellomonte è la vittima innocente di uno scandaloso accanimento giudiziario, dai contorni kafkiani, cui è seguita puntuale, con un licenziamento e due sospensioni dal lavoro, la persecuzione aziendale. Una micidiale tenaglia repressiva che sta schiacciando nella morsa della crudeltà di Stato e del dispotismo aziendale un cittadino innocente rendendolo una vera e propria 'vittima di giustizia'. Una storia complessa e dolorosa anche difficile da raccontare che cerchiamo, tuttavia, di illustrare al meglio.
ACCANIMENTO GIUDIZIARIO - Un arresto immotivato e diciassette giorni in carcere, nel 2006, con accuse per fatti di terrorismo, a seguito di un'intercettazione attribuitagli erroneamente nell'operazione chiamata 'Arcadia'. Dal 2009, ventinove mesi di carcere duro, ancora per accuse di terrorismo, rivelatesi insussistenti fin dalla sentenza di primo grado della Corte d'Assise di Roma del 21 novembre 2011, e dalle quali è stato poi prosciolto definitivamente e con formula piena dalla sentenza della Corte di Cassazione n° 16714 del 29 gennao 2014. Parallelamente a questi procedimenti penali ha subito pesanti sanzioni disciplinari da parte della società RFI Spa di cui è dipendente: una prima sospensione, poi un licenziamento, oggi ancora una sospensione per il medesimo procedimento del 2006, la cui fase di dibattimento è appena avviata. Tuttora sospeso dal lavoro e senza stipendio è costretto, per avere giustizia, difendere il lavoro, le sue idee e la sua dignità, ad una lotta impari contro i poderosi apparati legali delle ferrovie. La sua allucinante vicenda, giudiziaria, lavorativa e umana, merita di essere conosciuta e denunciata come una grande ingiustizia cui occorre porre rimedio. Un'odissea apparentemente inverosimile che chiama alla propria responsabilità tutti i cittadini ed i soggetti sociali che si riconoscono nei principi e nelle garanzie costituzionali.
CHI E' BRUNO BELLOMONTE - E' un ferroviere, capostazione a Sassari, attivista politico e militante tra i più stimati e conosciuti per antico impegno sociale e sindacale, è inoltre un dirigente dell’organizzazione comunista “A' Manca pro S’Indipendentzia” (a Sinistra per l’Indipendenza), conosciuto in Sardegna per le sue idee e le battaglie condotte da sempre in piena trasparenza a fianco dei compagni di lavoro e sul territorio, a difesa di identità, tradizioni e dignità del popolo sardo.
DOVE SONO I GARANTISTI ? - Non serve solo un sostegno economico, l'appello è rivolto a tutti: ai ferrovieri, ai lavoratori di ogni settore, agli attivisti, alle associazioni democratiche, ai sindacati, ai partiti, ai parlamentari ma anche agli operatori del diritto e dell'informazione ed al popolo dei 'garantisti', a tutti coloro che credono nei valori costituzionali e nella legge veramente 'uguale per tutti', non soltanto per i ricchi e i potenti.
COME POSSIAMO AIUTARLO - Ognuno di noi può aiutarlo anche solo diffondendo la sua storia, mediante una corretta informazione, raccontando la degenerazione del 'diritto' e delle regole di convivenza civile della nostra società. Siamo chiamati tutti in causa, a cominciare dai ferrovieri e dai lavoratori di tutti i settori.
IL COMITATO DI SOLIDARIETA' - Un gruppo di ferrovieri indignati da quanto sta accadendo, ha costituito un comitato per sostenere Bruno, denunciando pubblicamente questa scandalosa vicenda e per aiutarlo anche sul piano materiale con un piccolo sussidio mensile, già in atto ma non sufficiente. Facciamo appello a quanti vogliano sostenere questa battaglia di civiltà con un piccolo gesto di solidarietà materiale e concreta, a farlo anche attraverso un versamento a cifra libera alla Cassa di Solidarietà Ferrovieri sul Conto Corrente Postale N° 71092852 oppure tramite bonifico bancario o postale su IBAN: IT10N0760103200000071092852, specificando nella causale: "Sussidio di solidarietà per Bruno Bellomonte".
Il Comitato di solidarietà per Bruno Bellomonte
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LUGLIO 2006: PROCESSO 'ARCADIA', PRIMA INGIUSTA CARCERAZIONE E PRIMA SOSPENSIONE DAL LAVORO - Era l'11 luglio 2006 quando Bruno Bellomonte viene arrestato e tenuto in prigione a Sassari per 19 giorni, assieme a molti altri dirigenti del suo partito, con una pesante accusa per fatti di terrorismo, perché ritenuto protagonista di una conversazione in marcato accento sardo (Bruno Bellomonte è di origine siciliana) intercettata il 26 agosto 2003, nell'ambito di indagini per associazione sovversiva. Riesce a dimostrare la totale inconsistenza delle enormi accuse e la sua completa estraneità per un casuale colpo di 'fortuna': al momento dell'intercettazione era all'estero, con tanto di timbri sul passaporto. Il Tribunale del riesame riconosce, infatti, che “…… il giorno 26 agosto 2003 si trovava all’estero……” come attestato dal passaporto: “……sul documento è infatti, apposto un timbro d’ingresso nel territorio tunisino in data 22 agosto 2003 e un timbro d’uscita in data 28 agosto 2003.... La produzione dimostra, allo stato in modo incontrovertibile, che il Bellomonte non poteva essere uno dei partecipanti alla conversazione dal pesantissimo accento accusatorio del 26.08.2003……”.
GIUGNO 2009: 29 MESI DI CARCERE DURO PER UN INNOCENTE – Il 10 giugno 2009 Bruno Bellomonte veniva nuovamente arrestato dalla Digos, perché sospettato di terrorismo, a seguito di una intercettazione ambientale effettuata in una osteria di Roma; l’inverosimile accusa, stavolta è quella di aver ideato azioni contro il vertice G8, previsto alla Maddalena, poi dirottato a L'Aquila. Avrebbe cioè parlato con alcune persone, tenute sotto controllo dalla Digos, dicendo che non restava altro modo per opporsi al G8 che “attaccare” i grandi della terra utilizzando 'modellini telecomandati', che per la Digos di Roma non potevano che essere degli “elicotterini”. In realtà la sua attività, pienamente lecita e condivisa da tanti cittadini in quei mesi era concentrata, assieme a molti attivisti e militanti indipendentisti sardi, nella preparazione del controvertice delle “Nazioni senza Stato” per criticare la politica delle potenze mondiali in generale, ed in particolare di quella coloniale italiana. E' restato prigioniero in carcere fino al 21 novembre 2011.
LE 'PENE ACCESSORIE' - Lo Stato ha aggiunto alla privazione della libertà anche delle 'pene accessorie': lo ha rinchiuso nei penitenziari di Viterbo e Catanzaro tra più lontani geograficamente dalla sua Sassari, violando il principio di territorialità della pena, forse proprio per ostacolare i pur minimi contatti possibili con i familiari e i compagni di partito e umiliare i sentimenti patriottici di tutti coloro che lo sostengono. Gli ha impedito, pur avendone Bruno il diritto, di votare alle elezioni comunali di Sassari, dove era legittimamente candidato a sindaco per la lista “A' Manca pro S’Indipendentzia”.
BRUNO E' INNOCENTE - Tutte le accuse nei suoi confronti, naturalmente, si sono rivelate insussistenti. Una sconfessione piena di tutte le tesi accusatorie e del 'teorema' giudiziario che le sosteneva. Egli è stato infatti prosciolto con formula piena sia nel processo di primo grado che in appello e poi, in via definitiva dalla Corte di Cassazione, con sentenza n° 16714 del 29 gennaio 2014. Ma in attesa del processo, BRUNO BELLOMONTE HA SCONTATO, DA INNOCENTE, 29 MESI DI CARCERAZIONE PREVENTIVA IN REGIME 'DURO'. “L'Italia aveva mentito” è stato l'amaro commento a caldo dei dirigenti del partito, A' Manca. Gli amici al suo ritorno da cittadino libero in Sardegna, gli hanno regalato, come forma di scherno ai suoi accusatori, una confezione di elicotterini di plastica.
'PENE ACCESSORIE' ANCHE DALLE FERROVIE - Altre pene accessorie arrivano dalle ferrovie dello 'Stato', che hanno licenziato Bruno Bellomonte durante la prigionia del 2009. Una sanzione spropositata che avrebbero dovuto revocare immediatamente, non appena prosciolto; per correttezza, lealtà d'impresa e forse anche come risarcimento morale per l'immane sacrificio subito con l'ingiusta carcerazione e l'ingiusto licenziamento. Esiste una specifica norma di legge (Art. 102-bis delle diposizioni attuative del c.p.p.), che impone a RFI di reintegrarlo al lavoro. Bruno è invece pure trascinato in una lunga, costosa ed estenuante causa di lavoro per impugnare il licenziamento che è stato prima sospeso con Ordinanza Tribunale di Roma del 16 marzo 2012 e poi annullato con sentenza di 1° grado del 26 marzo 2013. Provvedimento che RFI però, ha addirttura impugnato con un ricorso in appello. La Corte d'Appello di Roma ha respinto il ricorso dell'azienda, tuttavia questa sentenza, la n° 7552-15 del 30 0ttobre 2015 - redatta in una forma affatto chiara - contiene elementi talmente contraddittori da consentire a RFI Spa, nonostante il ricorso sia stato formalmente rigettato, di allontanare nuovamente Bruno dal lavoro. L'odissea umana e giudiziaria di Bruno Bellomonte continua: l'avvocato Piero Panici ha già presentato ricorso in Cassazione per ricostruire anche sul piano del diritto del lavoro i fatti come realmente accaduti e correggere tutti gli errori e gli equivoci giudiziari, dalle caratteristiche paradossali, avvenuti a danno di Bruno per restituirgli il lavoro. Sembra ancora una volta impossibile che sia accaduto ma nonostante la legge sulla reintegra a seguito di una carcerazione ingiusta sia semplice e chiara, per una serie di circostanze, questo elementare principio del diritto non si riesce ancora a farlo rispettare.
La Corte di Cassazione, con la sentenza del 30 settembre 2016, n°19553/2016, ha emesso una decisione sul licenziamento di Bruno Bellomonte che, negandogli la reintegra, trascina ancora nell'equivoco l'incredibile procedimento di cui è vittima e disapplica una norma di giustizia sostanziale.
I giudici di Cassazione hanno respinto il suo ricorso in cui chiedeva di essere rimesso al lavoro per il fatto che il suo licenziamento è derivato 'esclusivamente' dallo stato di ingiusta carcerazione. Sembra, addirittura, che i giudici abbiano commesso un 'errore di fatto' nella ricostruzione della vicenda, non inquadrando correttamente l'errore commesso dalla Corte d'Appello di Roma che erano chiamati a correggere, tanto che il legale di Bruno, Pierluigi Panici, ha annunciato una 'revocatoria' ovvero un istanza volta alla revisione della sentenza. Uno strumento giuridico eccezionale, per una storia che può essere considerata una pagina nera per la giustizia italiana e che sta trascinando da oltre dieci anni il nostro compagno di lavoro in un'odissea senza fine.
Il punto - dirimente nell'applicazione della norma riparatoria per la ingiusta detenzione - riguarda l'inquadrametno giuridico del licenziamento subito nel 2009 a seguito della sua ingiusta carcerazione durata ben 29 mesi. La Cassazione, in estrema sintesi, seguendo l'errore logico della Corte d'Appello di Roma, afferma che non essendovi stata un pronuncia di illegittimità del licenziamento non vi può essere la reintegra.
In realtà, Bruno Bellomonte non ha contestato il licenziamento ma la sua mancata riassunzione dopo la notifica a Rfi della sua scarcerazione e del proscioglimento con formula piena da tutte le accuse. La norma di legge è semplice e chiara come poche altre, tanto che risulta veramente incomprensibile come possano esserci dubbi applicativi. "Chiunque sia stato sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere ai sensi dell'articolo 285 del codice ovvero a quella degli arresti domiciliari ai sensi dell'articolo 284 del codice e sia stato per ciò stesso licenziato dal posto di lavoro che occupava prima dell'applicazione della misura, ha diritto di essere reintegrato nel posto di lavoro medesimo qualora venga pronunciata in suo favore sentenza di assoluzione, di proscioglimento o di non luogo a procedere ovvero venga disposto provvedimento di archiviazione".
Questa legge è evidentemente figlia di un senso naturale di giustizia che ha trovato la sua giusta collocazione nel Codice: chi viene licenziato per una carcerazione che si rivela ingiusta (proscioglimento o archiviazione) deve essere reintegrato al lavoro. La norma infatti, non riguarda affatto la 'correttezza' o meno del licenziamento, che si presume giustificato proprio dall'impossibilità materiale di recarsi al lavoro derivamnte dallo stato di privazione della libertà ma attiene alla accertata innocenza del lavoratore che aveva subito, col licenziamento, una seconda e altrettanto grave ingiustizia. L'equivoco potrebbe essere derivato dalla crudele ipocrisia di Rfi e dei suoi legali che arrivano addirittura ad effermare che il licenziamento non è stato comminato per la carcerazione ma per la sua assenza al lavoro !!
Purtroppo la lettura di queste sentenze, emesse in nome del Popolo Italiano, è resa difficilissima dagli inutili contorcimenti lessicali con cui talvolta i giudici ammantano anche i concetti giuridici più semplici e lineari, al punto da renderla difficoltosa anche per gli esperti. A questi giudici, che si dimostrano lontani dalla vita quotidana, dallo spirito delle leggi e dal senso di giustizia, non possiamo chiedere di applicare la legge con umanità; però chiediamo loro di avere rispetto per l'istituzione che rappresentano e dei cittadini che si affidano al loro giudizio. Questo lo pretendiamo.
INFORMAZIONE ACRITICA E ASSENTE – Questa pubblica denuncia si è resa necessaria anche per sopperire al 'buco nero' informativo creato da quasi tutti gli organi di informazione che hanno sostanzialmente ignorato la vicenda, mentre, salvo rare eccezioni, quelle sarde, l'hanno trattata con una superficialità ed un cinismo senza precedenti, avallando acriticamente la tesi accusatorie e trasformando Bruno, il generoso capostazione che tutti conosciamo in un 'mostro'. Spicca per scorrettezza deontologica il 'velenoso' servizio del tg3 regionale Sardegna del giorno 19.3.13 che ha associato al resoconto di cronaca riguardo gli arresti del gruppo dirigente di 'A Manca, immagini di repertorio completamente estranee alla notizia, che mostrano, armi, droga, denaro, passamontagna e refurtiva varia. Il 'garantismo' il rispetto della dignità delle persone e il principio costituzionale dell'innocenza 'fino all'ultimo grado di giudizio' sono rimasti estranei agli organi di informazione che si sono finora occupati del caso. Una storia allucinante di persecuzione e mala giustizia, una tragedia umana inaccettabile per un paese democratico che non è riuscita finora ad oltrepassare i confini regionali ed il mar Tirreno.
GIUGNO 2014: SOSPESO ANCORA, SENZA STIPENDIO, PER LA STESSA RAGIONE E A TEMPO INDETERMINATO – L'accanimento non ha tregua. Bruno Bellomonte l'11 giugno 2014, Bruno Bellomonte è stato nuovamente sospeso a tempo indeterminato e senza stipendio, dal suo lavoro di capostazione a Sassari (Leggi provvedimento). RFI, la principale azienda del gruppo ferrovie dello Stato, non soddisfatta del calvario che gli aveva già inflitto, il 10 giugno 2014 lo ha ri-sospeso per la stessa ragione del 2006 a seguito del suo 'rinvio a giudizio' nel medesimo procedimento penale chiamato 'Arcadia', per il quale era stato ingiustamente già incarcerato otto anni fa. Vogliono lasciare Bruno senza stipendio e senza lavoro per un tempo indefinito, sulla base di accuse già ritenute insussistenti nel 2006. Il suo ricorso d'urgenza, contro questa seconda sospensione, è stato inspiegabilmente respinto, con motivazioni raccapriccianti che invitiamo tutti a leggere. (Leggi Ordinanza Giudice Bellini del 19 novembre 2014). Il 4 febbraio prossimo si discuterà in Corte d'Appello a Roma, il suo 'reclamo' contro questa ennesima ingustizia. Uno dei principi cardine del nostro ordinamento stabilisce che non si può essere puniti due volte per la stessa ragione ma per lui... non si applica. Anzi, la sua 'sopensione cautelare', con arguzia macchiavellica, è stata disposta praticamente a tempo indeterminato, perché “(...) essendo necessario svolgere ogni necessario accertamento al fine di valutarne la rilevanza sotto il profilo del rapporto di lavoro (...)”. In pratica, il processo Arcadia durerà un tempo lunghissimo, almeno altri otto o dieci anni, se solo si considera che le relative indagini sono iniziate da oltre dodici anni ma il dibattimento si è aperto solo ad ottobre 2014 e subito rinviato a gennaio 2015. L'ultima udienza d'appello, tenutasi il 4 ottobre 2016, è stata rinviata a febbraio 2017.
SOSPENSIONE A TEMPO INDETERMINATO PEGGIO DI UN LICENZIAMENTO - Così facendo al lavoratore vengono sottratti i mezzi economici di sostentamento perché non riceve lo stipendio, non ha diritto alla 'liquidazione', non può accedere al sussidio di disoccupazione e non può cercarsi un altro lavoro; tutto perché non è stato licenziato ma sospeso ! Il perverso disegno repressivo ai suoi danni, come cittadino e come lavoratore, ha raggiunto livelli impensabili ponendolo in una condizione peggiore di un licenziato.
PERCHE' DEMOLIRE UNA PERSONA ? – Stanno tentando in mille modi di demolire una persona, minando la sua libertà e attentando alla sua integrità fisica, psicologica ed alla sua vita di relazione. Ma Bruno è un uomo forte e un militante consapevole, continua a difendere le sue idee e, assieme ai suoi compagni di lotta, a reagire a tutte le angherie subite con grande lucidità, dignità e senso delle cose. Non ha importanza ciò che ciascuno di noi pensa dell'autonomismo o dell'indipendentismo, di sicuro quello che Bruno Bellomonte ha subito e sta tutt'ora subendo è una enorme ingiustizia che, nonostante la sua forza d'animo, deve essere fermata.
IL GARANTISMO A SENSO UNICO DELLE FS - Il garantismo e il principio dell'innocenza fino all'ultimo grado di giudizio, nelle grandi aziende si applica solo per gli amministratori e i dirigenti, non certo per i semplici lavoratori. I primi non vengono né licenziati né sospesi, anzi promossi a incarichi di maggior prestigio quando sono condannati o imputati per fatti anche molto gravi. Un esempio paradossale: il dirigente di RFI che ha firmato la sua sospensione, Daniele Seglias, è anch'egli imputato a Sassari per omicidio colposo e disastro ferroviario, in quanto responsabile della rete ferroviaria sarda, nel processo per la morte, causata da una frana, del macchinista Giuseppe Solinas. Il garantismo a senso unico vale anche per Michele Elia, solo per fare un esempio eclatante, fino a pochi mesi fa amministratore delegato proprio di RFI Spa, già condannato con reato prescritto ed oggi imputato per la strage ferroviaria di Viareggio, il quale è stato insignito dell'onorificenza di 'maestro del lavoro' e nella primavera scorsa addirittura promosso amministratore delegato dell'intero gruppo Fs. Nessuno si è mai posto il problema di sospendere i due alti dirigenti dai loro incarichi, ben più delicati e prestigiosi, perché tutti 'innocenti' fino all'ultimo grado di giudizio. Tranne il capostazione Bruno Bellomonte.
Il Comitato di solidarietà per Bruno Bellomonte
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Codice di procedura penale - norme di attuazione
(...) Art. 102-bis.
(Reintegrazione nel posto di lavoro perduto per ingiusta detenzione).
1. Chiunque sia stato sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere ai sensi dell'articolo 285 del codice ovvero a quella degli arresti domiciliari ai sensi dell'articolo 284 del codice e sia stato per cio' stesso licenziato dal posto di lavoro che occupava prima dell'applicazione della misura, ha diritto di essere reintegrato nel posto di lavoro medesimo qualora venga pronunciata im suo favore sentenza di assoluzione, di proscioglimento o di' non luogo a procedere ovvero venga disposto provvedimento di archiviazione.
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Un licenziamento e una battaglia legale interminabile per riconquistare libertà, lavoro e dignità
“VITTIMA DI GIUSTIZIA”
INCONTRO COL FERROVIERE BRUNO BELLOMONTE
Ventinove mesi di carcere per un innocente. La storia di una micidiale tenaglia repressiva, tra crudeltà di Stato e dispotismo aziendale
Mercoledì 4 febbraio 2015, il nostro compagno di lavoro, Bruno Bellomonte sarà a Roma per presenziare all'udienza d'appello contro la sua seconda sospensione dal lavoro, disposta da Rete ferroviaria Italiana Spa, perché accusato di fatti di terrorismo.
Egli è vittima di una terribile vicenda dai contorni kafkiani che indigna ogni cittadino democratico e ogni lavoratore per la crudeltà, l'ipocrisia e il cinismo con cui viene trattato sia dalle istituzione dall'azienda.
Bruno ha già scontato da innocente 29 mesi di galera per analoghe accuse di terrorismo rivelatesi del tutto infondate: è stato infatti prosciolto definitivamente e con formula piena in primo, secondo grado e in Cassazione da ogni addebito.
Nello stesso pomeriggio del 4 febbraio, alle 16, Bruno parteciperà ad un incontro pubblico presso i locali del Consiglio Metropolitano Partecipato, in Via Giolitti 231, in cui saranno presenti anche i suoi avvocati, Simonetta Crisci e Pierluigi Panici.
Sulla sua vicenda e sullo scandaloso accanimento giudiziario messo in campo dalle istituzioni contro un cittadino innocente e dalle ferrovie dello stato contro un lavoratore modello, è innanzitutto necessario ristabilire una corretta informazione a tutela della sua immagine, della sua dignità e di tutti i lavoratori impegnati in attività politiche e sindacali.
Difendiamo anche il principio della presunzione di innocenza fino all'ultimo grado di giudizio per tutti - anche per un semplice ferroviere come noi - e non soltanto per i ricchi e i potenti.
4 febbraio 2015, appuntamenti:
Ore 11,00 - Tribunale di Roma - Sezione Lavoro, Via Giulio Cesare, 54
(Primo piano, aula 113, Giudice Pacia)
Ore 16,00 – Sala del Consiglio Metropolitano Partecipato, Via Giolitti, 231
(Adiacente Stazione termini, sopra il ballatoio)
Comitato di Solidaretà con Bruno Bellomonte, ferroviere 'Vittima di Giustizia'