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Il tempo per la divisa è tempo di lavoro

Ancora un pronunciamento positivo della Suprema Corte in merito alla divisa di lavoro.
Le FS di recente hanno emanato una minuziosa disposizione riguardo le divise dei ferrovieri.
Non hanno previsto però - in particolare per i macchinisti - né tempi né modalità per indossarla.
Per questa ragione, fino al riconoscimento dei tempi ed alla soluzione logistica (turni, locali e luoghi), non possono effettuare alcuna contestazione disciplinare a chi non la utilizza.


Ad oggi, se per indossare la divisa si deve utilizzare il proprio tempo libero, ne deriva che il suo uso è facoltativo.


CASSAZIONE: VA PAGATO IL TEMPO SPESO PER INDOSSARE LA DIVISA DA LAVORO

IL CAMBIO D'ABITO COMPORTA LA SPESA DI ENERGIE A DISPOSIZIONE DEL DATORE DI LAVORO

Roma, 15 set. (Adnkronos) - Deve essere retribuito il tempo impiegato dal dipendente per indossare la divisa da lavoro. Il cambio d'abito, infatti, comporta una «spesa di energie messe a disposizione del datore di lavoro» che devono essere retribuite . Lo rileva la Cassazione che dopo anni di giurisprudenza controversa stabilisce che «al tempo impiegato dal lavoratore per indossare gli abiti da lavoro deve corrispondere una retribuzione aggiuntiva». In questo modo, la sezione Lavoro ha bocciato il ricorso di un'azienda della capitale, la Unilever Italia, che si rifiutava di riconoscere una paga aggiuntiva a tredici dipendenti per il cosiddetto 'tempo tuta'. Come ricostruisce la sentenza 19358, i lavoratori, citando in giudizio l'azienda, avevano fatto presente che per entrare nel perimetro aziendale dovevano transitare per un tornello apribile mediante tesserino magnetico di riconoscimento, quindi percorrere cento metri ed accedere allo spogliatoio, qui indossare la tenuta da lavoro effettuare una seconda timbratura del tesserino prima dell'inizio del lavoro. Una prassi che faceva lievitare il tempo e che costituiva una 'messa a disposizione’ delle proprie energie in favore del datore di lavoro per cui il tempo stesso doveva essere retribuito. Il Tribunale di Roma, inizialmente, aveva dato torto ai lavoratori, bocciando la loro richiesta di retribuzione di venti minuti giornalieri per 45 settimane. La Corte d'appello, nel dicembre 2005, aveva ribaltato il verdetto. La Cassazione, respingendo la protesta dell'azienda, ha stabilito che «nel rapporto di lavoro deve distinguersi una fase finale, che soddisfa direttamente l'interesse del datore di lavoro, e una fase preparatoria, relativa a prestazioni o attività accessorie e strumentali, da eseguire nell'ambito della disciplina d'impresa ed autonomamente esigibili dal datore di lavoro, il quale ad esempio può rifiutare la prestazione finale in difetto di quella preparatoria». Di conseguenza, concludono gli 'ermellini', «al tempo impiegato dal lavoratore per indossare gli abiti da lavoro deve corrispondere una retribuzione aggiuntiva». 15-SET-10  15:18

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