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Assolti macchinista e capotreno incidente Casalecchio

incidente di Casalecchio di RenoFerrovie: assolti macchinista e capotreno incidente Casalecchio di Reno del 30-9-2003
Non indagate le "altre" responsabilità sul mancato attrezzaggio tecnologico della linea
Concluso ieri con l'assoluzione perché il fatto non costituisce reato, il processo a carico dei nostri compagni di lavoro i Gabriele Martini, macchinista e Daniele Boscolo, capotreno, del treno 11432 che il 30 settembre 2003 superò il segnale di via impedita della stazione di Casalecchio Garibaldi urtando il paraurti.

La sentenza è stata emessa dal tribunale di Bologna, I Sez. Collegiale presieduta dal dott. Leonardo Grassi, Gabriele era difeso dall'avvocato Desi Brunio mentre Daniele era difeso dagli avvocati, Stella Pancari e Stefano Vezzadini, tutti del foro di Bologna.
I feriti, tra cui il macchinista Martini, furono circa 160. Ma a distanza di pochi giorni dall’incidente si registrò, purtroppo, anche il decesso, di un viaggiatore.
L’accusa, di disastro colposo e omicidio colposo e, in origine di lesioni colpose, poi venute meno per la remissione di querela da parte delle persone offese risarcite da Trenitalia, era sostenuta dalla p.m. Morena Plazzi, la quale aveva chiesto la pena di anni tre di reclusione.
Il macchinista si era sempre difeso sostenendo di avere avuto con certezza la segnalazione di via libera prima con semaforo giallo e poi a luce verde alla fermata di Casalecchio di Reno e di avere in tal senso impostato la velocità.
Secondo il consulente della procura, Giorgio Diana, dalla verifica dell’unità di controllo non sarebbe emerso il passaggio del semaforo da giallo a verde, che consentiva un aumento della velocità. secondo i consulenti degli imputati, Roberto de Paolis, Eugenio Sarti e Alfonso Micucci, invece, le indagini tecniche erano state parziali e non avevano esaminato soprattutto le parti periferiche di un impianto di nuova costruzione.
La difesa di Gabriele è stata sostenuta da una serie di testimonianze di macchinisti e capitreno, che proprio sulla tratta Porretta-Bologna durante la loro guida allo stesso semaforo avevano avuto segnalazioni non corrispondenti al segnale successivo e avevano dovuto attuare interventi d’emergenza. Questi "inconvenienti di esercizio" si erano verificati ripetutamente, prima e dopo l’incidente di Casalecchio.
Nel processo è emerso che su quella linea il treno viaggiava senza alcuna attrezzatura di sicurezza: né la cosiddetta "ripetizione segnali" in cabina, che preannuncia il colore dei segnali al macchinista, né il sistema Scmt (sistema di controllo della marcia del treno), che in caso di errore umano (ma anche di malore del conducente) provoca l’arresto del treno.
Il treno, pur predisposto per essere in sicurezza, viaggiava affidato alla sola capacità e tenuta umana, perché Rfi non aveva ancora dotato sulla linea i doverosi sistemi di sicurezza. Da ciò risultano evidenti le analogie con quanto successo a Crevalcore nel 2005.
La difesa degli imputati, si è molto adoperata perché venissero indagati altri profili di responsabilità, anche perché lo stesso consulente del p.m. prof. Diana, ha scritto testualmente che: “la presenza della ripetizione segnali o del dispositivo Scmt avrebbe evitato l’incidente", mancanza con tutta evidenza non addebitabile al personale di servizio.
Ma questo tema fondamentale non è stato oggetto, di sufficiente approfondimento.
Esprimiamo assieme ai nostri colleghi, ai legali ed ai consulenti grande soddisfazione per l’esito del processo, che ha dato credito alla versione del macchinista, con la speranza che anche per il futuro aumenti l’attenzione per il tema della sicurezza nella circolazione dei treni e non tutto venga sempre liquidato con l’attribuzione della causa del disastro all’"errore umano".

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