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Deragliamento a Bari

La Procura ha chiesto al Tribunale il rinvio a giudizio dell'impresa che realizzò il tratto di ferrovia (e dei collaudatori) fra Acquaviva e Sannicandro, dove nel 2005 un treno deragliò e rimase sull'orlo di un baratro. Il bilancio fu di 30 feriti.

BARI - Fu - secondo l'accusa - la «non corretta progettazione e realizzazione del tratto ferroviario» a provocare, a seguito dell’alluvione del 23 ottobre 2005, tra Acquaviva delle Fonti e Sannicandro di Bari, il cedimento di un terrapieno e il successivo deragliamento dell’Eurostar 9410 Taranto-Milano: il treno rimase miracolosamente sospeso sulle rotaie ma 30 passeggeri che erano a bordo rimasero feriti.
È la conclusione a cui è giunta la Procura presso il Tribunale di Bari, che ha chiesto il rinvio a giudizio per nove persone accusate di disastro ferroviario colposo e lesioni personali colpose (reati contestati a tutti gli imputati) e, a vario titolo, per falsità ideologica e materiale e violazione colposa dei doveri inerenti la custodia delle cose.
La richiesta di rinvio a giudizio, firmata dal Pm inquirente Giuseppe Dentamaro, è stata notificata ai componenti della commissione di collaudo delle opere di raddoppio e potenziamento della linea Bari-Taranto (lotto A), Vito Rizzo, Gerardo D’Aiuto, Giuseppe Massaro, Paolo Enrico Debarbieri, e Francesco Zito, accusati anche di falso per aver attestato, contrariamente al vero, nel verbale di collaudo dell’opera la presenza di una berma (gradino) larga due metri che, se esistente, secondo l'accusa, avrebbe reso più stabile il tratto ferroviario.
Per lo stesso reato è imputato Michele Pantaleo, autore della relazione sulle opere di sistemazione idraulica relativa ai lavori di raddoppio, che non avrebbe dato atto della presenza di una lama (una depressione del terreno in cui scorre acqua piovana) e, quindi, non avrebbe consentito la realizzazione nel tratto di adeguate opere per lo smaltimento delle acque. Queste non defluirono – secondo l'accusa – a causa della non corretta progettazione e realizzazione del tratto ferroviario e perché fu previsto un tombino non in asse con le linee di deflusso.
Al titolare dell’impresa subappaltatrice, Angelo Camardelli, e ai direttori dei lavori, Luigi
Zaccaria e Ferruccio Faggiano, che eseguì opere sul tratto, è contestato di non aver realizzato, violando il progetto, la berma prevista e di aver utilizzato terreno diverso da quello previsto dal progetto. In questo modo – secondo la Procura – «fecero mancare in parte cose ed opere al pubblico servizio del trasporto ferroviario». Ai tre imputati viene contestata l’aggravante di aver commesso il fatto su opere destinate ad evitare che la struttura crollasse per l’effetto dell’accumulo delle acque.
Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno

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