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Le norme della Ue bloccheranno i locomotori non più idonei

ANDREA ROSSI, TORINO - Il Rhône Alpes dista poco più di cento chilometri da Torino. Per certi aspetti sembra un altro pianeta. A Grenoble e dintorni, quando si è sfortunati, si viaggia trainati da una motrice fabbricata nel 1988. Caso raro: oltralpe, per lo più, i treni regionali sono marchiati 1997, 1999 e 2002. E infatti vanno a meraviglia. Da noi, in Piemonte, capita ancora di salire a bordo di convogli datati 1965 o 1974.

Macchine che hanno percorso qualche milione di chilometri e, non a caso, spesso sono ferme in officina. Alla veneranda età di 40 anni non sono arrivate in molte, e quelle poche saranno presto eliminate, anche perché l’Europa presto ci vieterà di utilizzarle ancora. L’età media, tuttavia, resta alta, sopra i 20 anni. In Piemonte ci sono 248 motrici. Quelle costruite di recente, dopo il 1995, non arrivano a 90, contando anche i venticinque «Minuetto» ritirati dalla circolazione oltre un mese fa per «problemi tecnici». Tutte le altre – e sono più di 160 – sono uscite dalle officine prima del 1985. Certo, un locomotore non è un’automobile. Macina in un anno i chilometri che una vettura percorre in un’intera vita. Però, con il passare degli anni, l’usura si fa sentire. L’affidabilità diminuisce, gli standard di sicurezza si fanno sempre più antiquati. E spesso è necessario fermarsi ai box, per un lifting o per le grandi riparazioni. Ogni giorno, dei 248 convogli piemontesi, quasi uno su quattro resta fermo. Alcune motrici rimangono nei depositi come riserve, pronte a entrare in azione in caso di guasti ai convogli circolanti; altre si sottopongono alle manutenzioni di routine. Infine ci sono quelle che hanno bisogno del meccanico. L’ultimo grattacapo è arrivato alla fine degli Anni 90, con le norme europee per la certificazione della sicurezza delle macchine. A fine 2008 quelle direttive comunitarie saranno vincolanti. E 75 motrici in forza alle Ferrovie piemontesi dovranno andare in pensione: sono tutte in servizio da almeno un ventennio e, in certi casi, da 40 anni. Il motivo è semplice: non sono dotate dei dispositivi di sicurezza a bordo Scmt (il sistema che controlla in tempo reale velocità, caratteristiche della linea e del treno e le mostra su un monitor al macchinista). Molte di quelle che resteranno in servizio non se la passano tanto meglio. Alcune sono al centro di una contesa tra i macchinisti e l’azienda, che vorrebbe istituire la figura del «guidatore unico». Un sostanzioso risparmio di personale, se non fosse che su tutte le locomotrici costruite prima del 1985 – e quindi la maggior parte di quelle oggi in servizio – le operazioni sulle apparecchiature guaste si effettuano in sala macchine. Non in cabina di guida, il che significa un macchinista sul ponte di comando e uno a spasso per il treno a cercare il guasto, aprire portelloni, azionare leve e pigiare bottoni. È anche una questione di uniformità: prima, i criteri di fabbricazione delle motrici non erano standard. E, non di rado, lo stesso componente – una leva, un pulsante – su treni diversi si trovava in posizioni differenti. Un bel rompicapo, per i macchinisti. Un rischio di ritardi sempre in agguato per i passeggeri. Qualche settimana fa – mentre si discuteva già dell’ulteriore rincaro delle tariffe poi confermato lunedì - l’associazione Altroconsumo ha pubblicato i risultati di un’indagine sulle principali stazioni italiane. Il responso è uno schiaffo a Torino Porta Nuova, ultima per puntualità dei treni: 33 su cento in orario, tutti gli altri in ritardo o soppressi. Sarà colpa delle linee intasate da troppi convogli. Oppure, come sostengono i sindacati, anche di un parco macchine obsoleto, dove i guasti sono all’ordine del giorno.
(fonte: La Stampa)

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