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Apprendista ferroviere, 25 anni, travolto sui binari

VignettaFrancesco Piccioni (il Manifesto, Roma - 11 dicembre 2007)
Stazione di Torricola, notte gelida e pioggia che intorpidisce i riflessi. Harold Anthony For­sythe, 25 anni, apprendista del­la manutenzione di Rete ferroviaria italiana (Rfi), forse sente arrivare il treno 9378 proveniente da Napoli e già in ritardo. Salta fuori dal binario su cui sta lavorando, ma rimane agganciato per la bretella del borsone degli attrezzi. Viene sbattuto via come un fuscello da decine di tonnellate di metallo lanciato a 170 all'ora.

I compagni lo trovano ancora vivo e cosciente, ma muore poco dopo. I macchinisti non si sono accorti di nulla. È stata la Polfer, in mattinata, ad avvertirli dell'accaduto. Nessuno aveva segnalato loro che in quel punto c'erano dei lavori in corso. Non una telefonata, né una segnalazione fisica; tantomeno l'«abbattimento del codice di binario», un segnale elettronico gestito dalla centrale che limita la velocità a 100 km orari. Comunque tanti, ma avrebbero dato ad Anthony qualche secondo in più. Certo sufficiente a far uscire dal tracciato anche quella maledetta borsa a tracolla. Del resto tempi di lavorazione per entrare e uscire dai binari sono «tarati» sulla velocità media di un treno in quel certo tratto.

 

Nessuno dice nulla di più. Non si sa neppure da quanti operai fosse composta la squadra Ies (impianti elettrici di segnalamento) convocata con chiamata d'emergenza tra i «reperibili» (forse per riparare un semaforo). Di sicuro non doveva esser lui ad effettuare la mansione più pericolosa: un semplice apprendista da pochi mesi inserito al lavoro in uno dei settori più pericolosi. Pochi giorni fa martedì scorso un altro ferroviere era rimasto gravemente ferito sulla stessa tratta e con le stesse modalità: notte, pioggia, assenza di segnalazione ai macchinisti. Era più esperto 40 anni, circa ma lavorava insieme a un solo altro collega, in barba ai regolamenti che prescrivono una squadra minima di tre persone anche per riavvitare un bullone (uno esegue la riparazione, uno sta «a monte» e un altro «a valle», per segnalare l'eventuale pericolo). Portato all'ospedale Sant'Anna di Pomezia, gli avevano applicato 200 punti di sutura e bolaccato alcune costole.
«Ormai la normativa di sicurezza, in ferrovia, è di fatto abrogata» spiega Stefano Pennacchietti, delegato (Cgil) rsu della manutenzione infrastrutture Statisticamente siamo sempre in attesa che si ripetano altri incidenti». Le cause sono note: la «decimazione degli organici» per «risanare i conti di Fs» comporta numeri ridotti di personale per ogni funzione. Così, ogni normativa resta scritta sulla carta e i ferrovieri sono stati i precursori anche in materia di sicurezza, con procedure rigide puntigliosamente dettagliate. Nella pratica, però, «per non far vedere un semaforo giallo a un treno» (che significherebbe rallentarlo di forse 10 o 20 secondi) si preferisce far fare la manutenzione «in corsa». Qualche volta il macchinista riesce ad accorgersene, qualche altra gli operai sui binari fanno in tempo a scansarsi. Qualche volta no.
I delegati rls e rsu coordinati nell'Assemblea nazionale dei ferrovieri iscritti a un po' tutti i sindacati presenti in Fs puntano contro i troppo accordi sindacali «stipulati in questi armi da cgil-cisl-uil-ugl-orsa e fast, che non tengono sufficientemente conto della sicurezza, ma sono sbilanciati a soddisfare le esigenze di produttività manifestate dall'azienda». Competitività e flessibilità esigono delle vittime, pare. Non è una metafora.
La lista degli incidenti tra i manutentori si va infoltendo a vista d'occhio. Solo nel lazio, nel novembre dello scorso anno era morto Massimo Romano (stava lavorando col martello pneumatico e con le cuffie in testa); nella primavera di quest'anno altro incidente moortale a Tarquinia. Un mese fa un treno ha travolto un cantiere sulla tratta Roma-Nettuno (fortunatamente una di quelle a più bassa velocità), con gli operai che sono riusciti a mettersi in salvo per un soffio. Mentre i vertici di Fs e dei «ministeri competenti» si riempiono la bocca di progetti ad «alta velocità» e tecnologie innovative, sui binari «si lavora a orecchio». L'unica misura di sicurezza di fatto sempre attiva.

 

 


Normative eluse e carenza del personale prevalgono sulla sicurezza. Edilizia e ferroviario pagano un alto prezzo
Lazio travolto dalle morti bianche
Il colpevole è sempre il profitto
(Alessandro Ambrosin, Liberazione, 15 dicembre 2007)
Il bilancio di questa settimana è davvero drammatico. Le cosiddette "morti bianche" rimangono tutt'ora un fenomeno onnipresente, nel quale ogni città e ogni categoria di lavoratori piange le proprie vittime. Lazar Costel, un operaio romeno di 29 anni è morto dopo essere caduto da un'impalcatura a sette metri d'altezza in un cantiere edile di Torvaianica. Lo stesso giorno, a Santa Palomba, un altro operaio è rimasto gravemente ferito dopo essere precipitato dal tetto di un capannone industriale. Ma gli infortuni sul lavoro non sono un primato esclusivo della cantieristica edile. La notte tra il 10 e l'11 dicembre Harold Anthony Forsythe, di appena 26 anni dipendente delle Ferrovie dello Stato ha perso la vita. Era stato improvvisamente chiamato con la sua squadra per riparare i segnali luminosi sulla linea ferroviaria nei pressi di Torricola, alle porte della capitale, ed è stato travolto dall'Eurostar 9378 proveniente da Napoli e diretto a Roma. Anthony era un apprendista, quindi era ancora impegnato nell'attività prevalentemente formativa. Quella notte era impiegato nel turno di reperibilità programmato, assegnato solitamente per un giorno alla settimana. In questi casi, la configurazione minima di sicurezza per la manutenzione dev'essere composta da un minimo di tre persone, l'avvistatore, la vedetta e l'avvisatore,
A seconda, infatti, delle caratteristiche orografiche della tratta bisogna essere in grado di segnalare alla squadra di manutentori l'arrivo del treno, con un sufficiente anticipo tale da poter sgombrare dalla linea.
L'azienda afferma che solo due persone stavano lavorando alla manutezione e mentre il giovane si spostava da un punto all'altro del binario è stato investito. Ma dal "tam tam della rotaia" trapela un'altra versione. I colleghi suppongono che Anthony fosse addirittura solo. La sua borsa si è agganciata al treno in corsa, facendolo cozzare violentemente sulla parete del vagone. Successivamente è stato trasportato all'ospedale in uno stato ancora cosciente, per spegnersi qualche attimo dopo.
Il giovane apparteneva al reparto IS, quello degli Impianti di Segnalamento, un settore della categoria tra le più sacrificate ed impegnate. Le chiamate di segnalazioni guasti sono praticamente ininterrotte e il sovraccarico d'interventi comporta una mole di lavoro notevole. Il sotto organico del personale è pari a 1/3 del numero totale degli addetti e questo comporta che tutte le figure disponibili siano impiegate da subito, specialmente nei turni notturni per sopperire a tale mancanza.
La Legge non stabilisce con precisione le mansioni da svolgere in queste circostanze, ma una cosa è certa. La figura di un "tutor", cioè di una persona con un'esperienza acquisita, dev'essere sempre presente. Tuttavia, la non interruzione della linea ferroviaria, prevale su tutto. Anche sulla normativa interna alle Rfi, che prevede l'abbattimento dei codici della velocità delle linee. In sostanza i treni dovrebbero rallentare automaticamente senza superare i 160 Km orari in corrispondenza delle tratte soggette alla manutenzione.
Ma questo non si verifica più. Perché ritardare le linee significa soprattutto incidere sulla puntualità. Eppure, la normativa IPC, (Istruzione Protezione Cantiere) del testo Unico sulle attività delle manutenzioni e infrastrutture parla chiaro. La sicurezza deve essere garantita.
Quella tragica notte il treno viaggiava alla velocità di rango prevista per quella tratta a 170 Kmh, tanto che il macchinista non si è accorto minimamente dell'impatto.
A distanza di un anno dall'episodio di Massimo Romano, un altro ferroviere morto nei pressi di Monterotondo durante la manutenzione, le "stragi bianche" continuano a ripetersi, nel mancato rispetto di normative a tuela della qualità del lavoro, della legalità dei diritti e dei controlli rigorosi sulle norme di sicurezza e sulla prevenzione. Nel frattempo di lavoro si continua a morire.

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