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Macchinista FS vince causa su rischio da polveri

Arriva direttamente da Palermo la prima vittoria dei lavoratori nella guerra contro l'amianto. Con una sentenza destinata a lasciare il segno, alla fine di febbraio il giudice del lavoro di Termini Imerese ha sancito – per la prima volta in Italia – il principio che la prestazione d'opera in un luogo di lavoro “a rischio amianto” rappresenta in sé un “fattore usurante”.

Da cui deriva che deve essere riconosciuto un coefficiente di abbattimento dei termini di permanenza in servizio per ottenere il massimo della pensione, o un coefficiente di rivalutazione economica della pensione medesima. In poche parole, chi si è trovato a lavorare a contatto con il pericoloso materiale cancerogeno potrà contare su un minor numero di anni di contributi per accedere alla pensione, o comunque potrà godere di un'entrata più sostanziosa per la propria vecchiaia.
Ad aver segnato il gol è un ferroviere, il macchinista Carlo Castronovo, che ha intentato con successo una causa all'Inps e si è visto riconoscere il diritto “alla moltiplicazione dell'importo pensionistico per un coefficiente di 1,5 per l'intero periodo di prestazione di lavoro in favore di Trenitalia SpA”. Il 50 per cento in più, quindi. Se l'Inps non si opporrà alla sentenza, Carlo Castronovo, che ha 55 anni, potrebbe già andare in pensione, perché gli verrebbero riconosciuti altri 15 anni di contributi.
Il verdetto riconosciuto a Castronovo assume una importanza fondamentale, perché costituisce il classico “precedente giudiziario”, sulla cui base le centinaia di lavoratori soggetti alle stesse condizioni potranno chiedere giustizia. “La decisione del Tribunale – ha commentato il ferroviere, che è anche rappresentante per la sicurezza della Fit Cisl – infrange il muro alzato dalle aziende su questi problemi, strettamente legati alla sicurezza del lavoro”. Le motivazioni del giudice del lavoro sono inoppugnabili, perché nel pronunciarsi si è basato sui dati contenuti nel registro nazionale dei mesoteliomi tenuto dall'Ispesl, l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro, in cui si accerta che i macchinisti sono una categoria esposta al “rischio amianto”. La stessa tesi è supportata anche dall'Inail, che ha fornito una tabella in cui attesta che in nove anni sono stati riconosciuti undici casi di macchinisti colpiti da Mesotelioma pleurico, volgarmente detto tumore ai polmoni. Tra l'altro, che i casi di Mesotelioma pleurico nella popolazione sono uno ogni centomila abitanti all'anno mentre tra i macchinisti, negli ultimi anni, il rapporto è stato di circa uno a 18 mila, ovvero in percentuale cinque o sei volte superiore. Numeri inequivocabili, che mostrano come il massiccio uso dell'amianto sia responsabile dell'alta frequenza di tumori polmonari nei lavoratori del settore ferroviario. “Tutto ciò – afferma Castronovo – lascia presumere che l'ambiente di lavoro sia stato contaminato dalle polveri di amianto, a differenza di quanto affermato dai dirigenti delle Ferrovie, e dunque come le contromisure messe in atto in questi anni siano state insufficienti”. È la statistica a confermarlo, conclude il macchinista. “A questo occorre aggiungere che nel parco-locomotive in dotazione alla Cargo Sicilia manca del tutto una valutazione del rischio amianto, prevista per legge”. Da qui, la decisione congiunta del gruppo sindacale sicurezza del lavoro e della segreteria regionale della Fit Cisl di presentare, lo scorso anno, anche un esposto in Procura, sulla base del quale è stato ottenuto un sopralluogo da parte della Usl. Ma, come al solito, i risultati si fanno ancora attendere.
Il primo round è stato vinto, ma la fine della guerra è ancora lontana. E quella contro l'amianto è una guerra ad armi impari, perché le sue fibre sono quasi invisibili, così sottili che ce ne vogliono 335.000 per fare il diametro di un capello, ma sono capaci di provocare malattie mortali. E non abbiamo ancora visto tutto, perché il tempo di incubazione può durare fino a 40 anni, così che il picco della mortalità è previsto tra il 2013 e il 2015. Eppure, troppe esistenze sono già state rovinate, per non dire spezzate, e troppe persone attendono da una vita che giustizia sia finalmente fatta.
Ma l'Italia è anche questo. Ed è anche il paese che ospita la più grande discarica di amianto d'Europa. Si trova in provincia di Treviso, nel comune di Paese. Può dare asilo a 460.000 metri cubi d’amianto e si trova a poche centinaia di metri da centri abitati. La provincia di Treviso la ha autorizzata nel 2004, e lo ha fatto senza passare per il “Via”. Come i “ladri” che nel gioco del Monopoli finiscono in prigione senza prendere le storiche ventimila lire. Solo che, in questo caso, “Via” sta per “Valutazione di impatto ambientale”, ed è obbligatoria per tutte le nuove discariche e per i rinnovi di quelle esistenti. Si sa, spesso i giochi invertono le regole del mondo reale. Perché la discarica di Treviso non solo non ha mandato in galera nessuno, ma ha fruttato ben più di ventimila lire.
"Questa decisione del Tribunale - commenta Castronovo - infrange il muro alzato dalle aziende su questo genere di problemi strettamente legati alla sicurezza del lavoro, ma troppo spesso marginalizzati. Le motivazioni del giudice del lavoro sono inoppugnabili". Il giudice - spiega la nota della Cisl - nel pronunciarsi si è basato sui dati contenuti nel Registro Nazionale dei mesoteliomi tenuto dall'Ispesl (Istituto Superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro), dove si accerta che il macchinista è una categoria esposta al rischio amianto, tesi supportata da un tabella fornita dall'Inail dove si attesta che in nove anni sono stati riconosciuti 11 casi di mesotelioma pleurico nei macchinisti.

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