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Trenitalia non paga: "Troppo caro il risarcimento"

La società, condannata e pignorata, spiega: cifra più elevata rispetto a casi analoghi.
Trenitalia non paga per il morto "Troppo caro il risarcimento"
L'avvocato: dimenticano che c'è una sentenza.

di SILVIA BIGNAMI - CARLO GULOTTA
TUTTO ha un prezzo. Anche una vita umana. E quindi, in particolare, ha un prezzo anche la vita di Mauro Urlando, l'operaio delle ex Fs ucciso a 51 anni da un mesotelioma pleurico, un tumore al polmone contratto in anni di lavoro alle Officine Grandi Riparazioni delle Ferrovie. Per la sua morte, una morte "da amianto", un tribunale ha ordinato a Trenitalia di pagare agli eredi 750 mila euro. Sentenza esecutiva. Trenitalia, che ha rifiutato il risarcimento per ben due volte, ha subito il pignoramento per l'intera cifra. E oggi spiega così le ragioni del gran rifiuto. "La società Ferrovie dello Stato precisa che Trenitalia non ha dato esecuzione al risarcimento rivendicato dall'erede signor Urlando perché, valutando la cifra richiesta troppo elevata rispetto ad analoghi casi — anche recenti — in cui si è proceduto ad una transazione con reciproca soddisfazione delle parti, ha ritenuto di proporre appello con riserva di motivi e contestuale istanza di sospensione dell'esecuzione". Risposta singolare. Perché il figlio del signor Urlando, come spiega uno dei suoi legali, l'avvocato Vittorio Casali, «non ha affatto "rivendicato". A suo favore c'è una sentenza del tribunale del lavoro, immediatamente esecutiva, che ha riconosciuto l'entità del danno e anche le responsabilità di chi lo ha causato. Meglio avrebbero fatto le Fs a pagare subito, come prescrive la sentenza, invece di prendere tempo e arrivare a subire il pignoramento». Insomma, è tutta una questione di costi, par di capire dall'asciuttissima prosa delle Ferrovie. Non una parola per la sentenza del giudice del lavoro Giuseppe Molinaro, e anzi la disponibilità a trattare per una cifra meno elevata «com'è accaduto in analoghi casi anche recenti», riservandosi però di proporre appello. Sul piano umano, un'enormità. Ma su questo, le Ferrovie non vogliono farsi cogliere impreparate. Così, ecco il resto della dichiarazione. «Fatto salvo il rispetto per il caso umano, la società Trenitalia non può esimersi da forme di tutela giuridica in linea, tra l'altro, con i recenti orientamenti della giurisprudenza». Come a dire: è la Legge, non possiamo farci niente. «Ci rivedremo a settembre davanti al giudice civile dell'esecuzione — replica tranquillo l'avvocato Casali, che ha curato il caso coi colleghi Michelina Giaquinto e Maria Rita Serio — Intanto il pignoramento l'abbiamo ottenuto». Ieri è tornato a parlare di rischio-amianto anche Vito Totire, presidente dell'Aea (Associazione esposti amianto). Totire ha accusato l'Arpa — che a maggio ha censito i siti "inquinati" — di «controlli lacunosi». «Ne è la prova il fatto che l'amianto nel capannone di via Corticella 203 "è sfuggito" alla mappatura. Quante altre sviste ci saranno?». Troppo lunghi secondo l'Aea anche i tempi di bonifica dell'Ausl. Per cui Totire chiede un «cambio della dirigenza». Fausto Francia, direttore del dipartimento di Sanità fa spallucce e sui tempi ribatte: «Ci mettiamo il tempo che ci vuole: la bonifica è operazione delicata».
la Repubblica - Bologna - sabato 19 agosto 2006

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