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Uomo Morto: Trenitalia ricorre

Il 26 giugno scorso Trenitalia ha depositato un ricorso presso il Consiglio di Stato al fine di ottenere l'annullamento della sentenza del TAR della Toscana che, il 25 gennaio scorso, aveva respinto il primo ricorso dell'azienda contro l'ASL 4 di Prato, dichiarandolo inammissibile (vedi notizia) e sostenendo che il ricorso era indirizzato al soggetto sbagliato, visto che il provvedimento impugnato non era di natura amministrativa ma penale, in quanto atto di polizia giudiziaria. Nel nuovo ricorso (ora, al Consiglio di stato) la società ferroviaria non solo insiste nel ritenere il provvedimento della ASL alla stregua di un atto amministrativo (quindi impugnabile di fronte al TAR), ma sostiene che a monte l'atteggiamento dell'azienda sanitaria si sia ispirato a norme (art. 20 dlgs 758/94) viziate dalla illegittimità costituzionale.

Nel ricorso al Consiglio di Stato, inoltre, Trenitalia ritiene che la ASL di Prato abbia agito assumendo competenze non proprie nell'emettere contemporaneamente prescrizioni e direttive specifiche per ottemperarle.
Interessante (dal punto di vista di Trenitalia, ovviamente) la parte del ricorso che riguarda direttamente il dlgs 626/94. Infatti, poiché in uno dei passaggi della prescrizione della ASL 4 di Prato (ma anche di quelle emesse da altre ASL) si faceva riferimento all'art. 3.1.f del dlgs 626/94 ed ai "principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro e delle attrezzature messe a disposizione dei lavoratori", Trenitalia sostiene che questo articolo della legge è generico e, pertanto, è esigibile solo in presenza di una norma applicativa che non esisterebbe ancora.
Poi, nel ricorso stesso, vengono individuate altre violazioni riassumibili in irragionevolezza, travisamento, eccesso di potere, quest'ultimo nel particolare caso riguardante il divieto di utilizzare il VACMA nel territorio di competenza della ASL di Prato, affermazione che l'azienda ferroviaria rigetta sostenendo che, data l'importanza del nodo ferroviario di Prato nel quale si intersecano importanti direttrici ferroviarie nazionali, il divieto dell'organo di vigilanza comporterebbe la paralisi di buona parte del traffico nazionale su ferrovia. Ora che la risposta è nelle mani del consiglio di Stato, è interessante osservare che Trenitalia, in tale ricorso, ha ripetutamente rimarcato l'impossibilità, da parte sua, di rinunciare al VACMA come sistema di controllo contemporaneo della presenza del macchinista alla guida dei treni e del suo stato di vigilanza, altrimenti rischierebbe di perdere il certificato di sicurezza (e, quindi, la possibilità di "fare" trasporto) in quanto avrebbe trasgredito le disposizioni vincolanti del gestore dell'infrastruttura, cioè RFI. Questo concetto è stato ripreso (inutilmente) anche in occasione dell'udienza di fronte al Giudice del Lavoro di Firenze che, recentemente (vedi  notizia) ha condannato Trenitalia per condotta antisindacale, non avendo applicato accordi sindacali nazionali che prevedevano proprio la rinuncia al "pedale" (controllo della presenza) ad uomo morto. Per questo i sindacati tutti farebbero bene a riflettere sugli accordi che essi hanno sottoscritto ed a richiedere con forza il ritiro delle delibere 35 e 36/2002 di RFI che hanno introdotto in Italia il sistema vigilante ad uomo morto sui treni, inducendo una forte reazione fra i macchinisti, contrari a questo vecchio strumento giudicato pericoloso da decine di ASL in Italia. Questa legittima richiesta fu all'origine della nascita del coordinamento 12 gennaio ed è divenuto successivamente uno delle questioni fondanti (assieme alla riassunzione di Dante De Angelis e degli altri licenziati in ferrovia) dell'Assemblea di Roma dei Ferrovieri.

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