QUESITO Vorrei avere dei chiarimenti sui trasferimenti temporanei, in particolare, quando il dipendente rimane nella sede temporanea anche dopo il periodo concesso, con il tacito consenso della società, quando il trasferimento è da intendersi definitivo? Può la società dopo un certo periodo di tempo, far rientrare il lavoratore? e come si deve comportare il lavoratore, qualora gli venga intimato il rientro nella sede originaria? Una circolare dell'ex ente ferrovie dello stato (sempre che sia ancora valida) dispone che il trasferimento o il trasloco temporaneo non deve avere una durata superiore a 60 giorni continuativi o 120 giorni discontinui nell'arco dell'anno, se ci sono delle altre circolari che regolamentano i trasferimenti temporanei, Vi prego di fornirmene il numero e la data con un certa urgenza. Sancasario Salvatore
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RISPOSTA La circolare a cui si fa riferimento nel quesito è la sola a regolare questa materia, molto delicata e che riguarda ancora una grande quantità di ferrovieri. Venne introdotta per evitare il proliferare di trasferimenti fuori dall’ordine di graduatoria dei trasferimenti a domanda, che inibivano i trasferimenti definitivi degli aventi diritto. Per questa ragione vennero inseriti i limiti dei 60 giorni e dei 120 giorni complessivi, cioè, si voleva evitare che i trasferimenti temporanei, motivati da problemi familiari e personali, diventassero il pretesto per aggirare le norme sui trasferimenti a domanda, mortificando, conseguentemente le legittime aspettative di altri colleghi aventi diritto. Rammentiamo, a questo proposito, che il tempo di assenza dalla località di residenza amministrativa veniva defalcato del punteggio relativo ai fini dell’inserimento in graduatoria, proprio per evitare che si abusasse delle richieste in tal senso. Erano i tempi in cui le lotte dei ferrovieri avevano ottenuto chiarezza anche su questo problema, rivendicando la pianificazione dei trasferimenti, argomento diventato tabù dopo la trasformazione in Spa delle ferrovie. Questi trasferimenti temporanei sono al di fuori della legge 104 che, com’è noto, riconosce il diritto al trasferimento definitivo nei casi realmente gravi e documentati. Al di fuori delle esigenze di produzione aziendale, affrontate con l’emanazione di interpellanze specifiche, che in alcuni casi non si sono rivelate sempre trasparenti, il trasferimento temporaneo è la sola forma di mobilità a domanda dell’interessato ad essere concesso, sempre a discrezione dell’azienda. Ovviamente, essendo trasferimenti temporanei, scadono nel tempo e l’azienda ha facoltà di richiamare alla sede di residenza amministrativa il personale assoggettato a tale provvedimento. Non va ignorato il fatto che molti trasferimenti definiti temporanei fanno parte di piani di mobilità veri e propri concordati con la società, mai diventati definitivi a causa della mancanza di norme nuove, specifiche sull’argomento, che tengano conto anche della nuova realtà organizzativa dell’impresa (divisionalizzazione e societarizzazione), tuttora carente, anche se non sembra di capire che il trasferimento temporaneo in oggetto appartenga a questa casistica particolare. Nel quesito si può intuire che si tratti di un trasferimento temporaneo per ragioni familiari, che la società a facoltà di concedere nei limiti di tempo già citati precedentemente, ma anche di revocare. Un trasferimento temporaneo di questo genere, può trasformarsi in definitivo soltanto se ricorrono i termini della legge 104; anche se i prolungamenti di questi periodi, non producendo più alcun effetto pratico sulle graduatorie, si rivelano sempre più frequenti.
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