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Folle corsa del treno senza freni, un morto

descrizione degli eventidi F. Falcone e F. Morello
Una corsa impazzita da Bardonecchia fino a Chiomonte. Trenta chilometri senza freni, a 120 orari in discesa, senza possibilità non solo di fermarsi, ma anche soltanto di rallentare la velocità che cresceva di secondo in secondo. Poi schianti a raffica, binari distrutti, fiamme, e una vittima: Luka Milinkovic, 35 anni, macchinista del treno senza controllo, origine croata, residente ad Ancona.

Così, ieri verso le 17, un locomotore giallo con tre vagoni di una società privata che sta eseguendo lavori nel tunnel del Fréjus ha seminato una scia di disastri lungo e fuori la linea dell’Alta Valsusa. Disastri e morte.
All’origine della tragedia, un problema all’impianto frenante che collega il locomotore, il badone, al resto del convoglio che avrebbe dovuto essere «ricoverato» in deposito a Bardonecchia. Guasto di cui Milinkovic si è reso subito conto, e subito ha cercato di frenare una corsa che diventava invece sempre più spedita. Il treno non ha risposto ai comandi, ha iniziato un viaggio non previsto, il macchinista ha lanciato l’allarme, ha provato e riprovato a frenare mentre la motrice coi tre convogli accelerava in discesa. Inutile. Disperato, Milinkovic si è sentito perso, e quando ormai la velocità del treno gli pareva incontrollabile e il destino segnato ha deciso di cercare la salvezza con un gesto disperato, l’unico possibile: oltrepassata la galleria che conduce al Ponte della Comba Scura, dopo Exilles, si è lanciato sulla massicciata. Ma il suo tentativo di salvezza si è trasformato in tragedia: l’uomo ha colpito con la testa la ringhiera del ponte ed è morto sul colpo nell’impatto.
«Poteva essere una strage», dice adesso l’assessore ai Trasporti della Comunità Montana, Giorgio Bortolucci. E non è la solita frase fatta. Poteva davvero essere una strage, oltre questa morte: il treno dei lavori in corso ha superato, durante il suo viaggio incontrollato, due passaggi a livello aperti, e prima di incendiarsi, fermandosi, ha provocato una lunga serie di danni sopra e oltre la massicciata. L’ultimo dei tre carrelli, che trasportava una cisterna con polvere di cemento, si è sganciato dal convoglio alle porte di Chiomonte ed è finito oltre le protezioni della linea ferrata, nel giardino della villetta di Clemente Molino, in via Gaiet 11. Si è ribaltato, squarciato, parte del cemento è stata proiettata nel raggio di diversi metri, fino a colpire la fiancata di un’altra casa vicina, quella dei fratelli Remofil.
Senza il terzo carrello, la velocità del treno impazzito - e anche senza più macchinista - è cresciuta ancora. Anche il secondo carrello, con a bordo un elevatore, si è sganciato, ha abbattuto un traliccio dell’alta tensione che alimenta la linea aerea dei pantografi. Poi il badone, con l’ultimo rimorchio, si è infilato come una scheggia in stazione. A questo punto, parte delle griglie elettrosaldate utilizzate per realizzare basi di cemento (a bordo di quest’ultimo carrello) si sono mosse, alcune hanno toccato terra sollevando le pietre lungo i binari. Sassi sono schizzati come proiettili in stazione e oltre, fin sulla strada: due persone sono rimaste lievemente ferite.
«È un miracolo che non ci siano altri morti», commenta più di un soccorritore. Dieci minuti prima non sarebbe finita così: «A Chiomonte, sul binario 4, si è fermato il regionale per Bardonecchia - riferisce un ferroviere in stazione -. Sono scese numerose persone». Bersagli viventi per quelle pietre schizzate ovunque.
La corsa impazzita e l’incubo sono finiti poche centinaia di metri dopo la stazione: la motrice, rimasta agganciata a un solo carrello, ha preso fuoco. Si è fermata.
Le ricerche del macchinista sono iniziate immediatamente: due elicotteri hanno sorvolato i 30 chilometri di tragitto, si sono abbassati e di nuovo alzati alla ricerca di un corpo che è stato trovato verso le 18 sul Ponte della Comba Scura. Il cadavere di Milinkovic.
La linea ferroviaria da e verso Modane è interrotta. Due le inchieste aperte: è possibile che, nella fretta, non sia stato collegato l’impianto frenante di tutti i carrelli. Certo è che «il problema della sicurezza - dichiara Mauro Poggio, Cgil trasporti - è un nodo costante nel trasporto ferroviario, che il sindacato ha più volte sollevato. Ci sono molte aziende che lavorano in appalto, e come in tutti gli altri settori ci domandiamo se l’appalto garantisca sempre le condizioni di sicurezza necessarie».
(fonte: www.lastampa.it)

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